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Il Fatto: "Milano, tra i due rettori l'etica è da Dom Pérignon"

Aggiornamento: 27 lug 2022

L'intervento di Giambattista Scirè* dal titolo Milano, tra i due rettori l'etica è da Dom Pérignon pubblicato sul "Fatto quotidiano" del 13 luglio 2022


*Amministratore e responsabile scientifico di

Trasparenza e Merito. L'Università che vogliamo


"Giorni fa è stata formalizzata la richiesta di rinvio a giudizio per il rettore della Statale, Franzini, e l’omologo dell’Università del San Raffaele, Gherlone, ai quali la procura di Milano contesta la turbata libertà nella scelta del contraente per due concorsi da ordinario di Urologia al San Paolo e al San Donato. Franzini deve rispondere anche di falso ideologico. In alcuni stralci delle imbarazzanti conversazioni telefoniche si sente Franzini chiedere al collega Gherlone di far ritirare i candidati ordinari, e quando quelli non graditi si ritirano e l’accordo è portato a termine, Franzini esulta "Dom Pérignon in calici. E poi ci sorridiamo, è finita lì... Bel brindisi...".

Il rettore, tramite i suoi legali, fa sapere di essere convinto di poter dimostrare la sua estraneità ai fatti, ma il punto qui non è il risvolto giudiziario; se verrà accolta la richiesta della Procura, il processo penale farà il suo corso e ci restituirà la verità processuale. Quello che a noi interessa discutere è il piano dell’etica pubblica, calpestata da quelle parole dette nelle conversazioni telefoniche. A meno che non si metta in dubbio che quelle frasi siano mai state pronunciate, ma di fronte a intercettazioni, il tentativo sarebbe piuttosto inutile.

Come qualcuno di voi saprà, i principi cardine dell’etica pubblica sono espressi dal Codice di condotta dei dipendenti pubblici, le cui norme per i professori e ricercatori costituiscono principi generali di comportamento. Questo, appunto, in teoria. In realtà, la pratica nell'università italiana sembra ben diversa, almeno stando a quello che possiamo leggere in più di una inchiesta della Procura su un qualche ateneo italiano (vedi Catania, Firenze, Perugia, Reggio Calabria, etc).

La Statale di Milano si è dotata, nel corso degli anni, di numerosi documenti che a leggerli sembrano testimoniare un'ampia rettitudine morale. Al Codice etico generale si è aggiunto il Codice per l’integrità nella ricerca: entrambi enunciano che “i principi etici in essi contenuti si applicano a tutti i componenti dell’Università” e che “tutti hanno il dovere di osservare scrupolosamente tutte le norme che disciplinano l’attività universitaria, con speciale riguardo alla normativa nazionale anti-corruzione” e ancora che “costituiscono gravi violazioni dei doveri etici, in quanto lesive dei fondamenti della vita accademica e della dignità personale, tutte le forme di favoritismo, nepotismo o qualsiasi altro abuso”.

Ma cosa si intende per “tutti i componenti dell’Università”? Sono comprese anche le alte autorità accademiche? I principi etici contenuti in questi codici non dovrebbero guidare anche, o forse soprattutto, il “Magnifico” rettore? E le sanzioni per lui sono quelle che il Codice etico per l’integrità nella ricerca prevede per i “comportamenti eticamente scorretti”?

Se tali principi non sono stati enunciati - come purtroppo crediamo - per rimanere soltanto sulla carta, forse questo è il momento giusto per dimostrarlo. Di recente rettori ed atenei non hanno dato una bella prova di sé quando, nonostante l'evidenza delle intercettazioni, si è atteso che fossero i giudici a intervenire con una richiesta di interdizione dai pubblici uffici o con la sospensione dall'incarico in via cautelare.

Il tema della legalità, almeno a quanto risulta dai depliant accademici, sembrerebbe molto gettonato. Peccato che poi i comportamenti visti in essere all'atto pratico, cioè durante lo svolgimento di molti concorsi, siano ben altri.

L’ateneo milanese è stato uno dei primi a dotarsi di un pro-rettorato specificatamente dedicato alla legalità. Esiste addirittura un Patto d’Integrità tra l’Università di Milano e l’Operatore economico che, tra le altre misure, prevede la risoluzione espressa nei casi di misura cautelare disposta o rinvio a giudizio intervenuto. Ebbene, tutte queste misure hanno ancora senso se, di fronte a una simile intercettazione telefonica, anche dopo mesi, non si ha alcuna reazione - neanche un rigurgito di moralità - da parte della comunità universitaria (intesa come l’insieme dei professori, ricercatori, il personale tecnico-amministrativo e gli studenti)?

Siamo sicuri che non sia più dannoso avere un rettore pro tempore sul quale grava l'ombra della carenza di etica e sul quale aleggia la prospettiva di un processo piuttosto che, come tante voci all’interno dell’ateneo milanese affermano, le dimissioni del rettore che provocherebbero un danno per via dei fondi del PNRR da gestire?

Il ludibrio presso l'opinione pubblica, l'esposizione mediatica che da mesi addossa questo “fardello” sulla testa di un ateneo prestigioso come quello milanese, qualora il giudice confermasse l'ipotesi accusatoria e avviasse il processo, viene da dire, sarebbero solo l'inizio."


IL FATTO QUOTIDIANO © 13 luglio 2022


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