Il concorso sul quale ha fatto ricorso una iscritta a "Trasparenza e Merito" della prima ora, la siciliana Federica Fernandez, esperta in Progettazione edilizia e restauro, direttrice di un Centro interdipartimentale su Nanotecnologie e materiali innovativi e coordinatrice di vari progetti europei e internazionali, risale al 2010, ed era per un posto di ricercatore a tempo indeterminato all'allora Facoltà di Architettura dell'Università di Palermo, settore disciplinare Icar 12, Tecnologia dell'architettura.
Nella prima sentenza del 2012 i giudici del Tar avevano accolto il suo ricorso stabilendo che la commissione non aveva ritenuto valutabili tutta una serie di titoli e pubblicazioni che invece avrebbe dovuto valutare, in modo non ponderabile e quindi al di là della legittima discrezionalità, pertanto avevano annullato gli atti del concorso.
Già nella seconda sentenza , quella del 2015, i giudici del Tar di Palermo avevano definito erronea e contraddittoria la valutazione della commissione ed avevano parlato, nuovamente e con maggiore enfasi, di "palese vizio di eccesso di potere per ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e illogicità" nel definire il suo operato, in particolare ricordando che la commissione, per ragioni evidenti, non avrebbe mai potuto prendere visione della tesi di dottorato della controparte per valutarla a differenza di quanto affermato nei giudizi, annullando nuovamente gli atti.
Oggi, nuovamente, e per la terza volta, il 14 gennaio 2018, i giudici del Tar di Palermo accolgono il ricorso della coraggiosissima collega.
La nuova sentenza è molto pesante e chiara: nei giudizi della commissione non risulta effettuata alcuna valutazione con riferimento alla consistenza complessiva della produzione scientifica, dell'intensità e della continuità temporale della stessa, quindi l'operato della commissione risulta viziato da difetto di motivazione rispetto ai criteri da essa stessa predeterminati; la commissione ha introdotto un nuovo e non previsto criterio basato sulla prevalenza del “numero di pubblicazioni come unico autore”, che risulta in contrasto con gli stessi criteri da essa stabiliti, per cui ne consegue l'illegittimità e l'illogicità del suo operato; infine, si evidenzia la disapplicazione degli indici di valutazione delle pubblicazioni scientifiche utilizzati anche a livello internazionale da parte della commissione.
A questo punto, dopo tre ricorsi accolti e tre commissioni sconfessate nel giro di 8 anni, cosa può fare il candidato che è stato vittima di un simile trattamento da parte dell'Università italiana? Esiste qualcuno dentro l'Università e dentro le Istituzioni che riconoscerà mai il danno alla carriera da lei subito ripetutamente? Esiste un Miur che possa controllare, con ispezioni e atti concreti, che certe azioni non si ripetano almeno nello stesso procedimento?
L'unica cosa certa è che Federica, così come tanti altri, non è più sola a combattere la sua battaglia, che poi è quella di tutti i cittadini e gli studiosi che credono nel merito e nella trasparenza.
Sì, non è più sola: ha in più la forza che viene da Tra-Me, la coralità di un'azione che ha promosso ricorsi alla giustizia amministrativa, denunce alla magistratura e che chiede con decisione al Miur atti concreti a tutela del rispetto della legalità nei concorsi. La sua caparbia, perseveranza e tenacia siano d'esempio per tutti noi per cambiare questa Università.
La prima sentenza del Tar (2012)
La seconda sentenza del Tar (2015)
La recentissima, terza sentenza del Tar (2018)
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